O meglio, sapete che sta succedendo qualcosa di molto preoccupante ai confini dell’Europa?
La notizia è passata in sordina nei giorni scorsi, e
quando è arrivata è stata condita con un’accozzaglia di luoghi comuni e
manifestazioni di cattivo giornalismo all’italiana.
Forse, se vi siete proprio
proprio voluti informare avrete letto qualcosa del genere: “Macedonia, scontri con gruppi armati al confine con il Kosovo: almeno 5 morti. Forze speciali
macedoni assediano un quartiere musulmano di Kumanovo, al Nord del Paese. Le
autorità: conflitto con "un gruppo armato arrivato da un paese vicino, ci
sono 5 poliziotti morti e 30 feriti. Possibili vittime anche nei commando".
Probabilmente la notizia sarà
finita nel dimenticatoio del nostro cervello dove accatastiamo tutti gli
attentati, le stragi, i drammi legati al terrorismo fuori dai confini
occidentali. Ma la storia in Macedonia,
non è del tutto chiara.
Innanzitutto due delucidazioni sul Paese dell’Est Europa:
è uno stato della penisola balcanica incastrato fra Albania, Grecia, Kosovo,
Serbia e Bulgaria. Non è riconosciuta formalmente come Repubblica di Macedonia
ma solo come Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia a causa della disputa sul
nome avviata dai vicini Greci, che temono che lo Stato confinante avanzi
pretese tese a ristabilire i confini della Macedonia Storica, che comprende
anche una regione nel nord della Grecia.
Oltre alla disputa con la Grecia, la situazione in Macedonia è delicata per la presenza di oltre un 20% di cittadini di etnia
albanese, con la lingua albanese riconosciuta come ufficiale dove quest’etnia
rappresenti più del 20% della popolazione.
Circa il 64% dei macedoni sono ortodossi, albanesi,
turchi e rom sono per lo più musulmani.
Questi tre elementi
sono sa tenere presenti perché al contrario di come se ne è parlato, e come
temo se ne tornerà a parlare, quello che sta succedendo in Macedonia non è una
crisi di origine etnica, tantomeno religiosa.
Negli ultimi mesi
migliaia di sostenitori dell’opposizione socialdemocratica hanno iniziato a
contestare aspramente il governo. L’esecutivo del premier Nikola Gruevski è
accusato di aver insabbiato l’omicidio di un ragazzo, Martin Neskovski, ucciso
da un poliziotto nel 2011. Inoltre, secondo l’opposizione, Gruevski avrebbe messo in piedi un sistema di
intercettazioni illegali nei confronti di politici, leader dell’opposizione,
giornalisti, imprenditori, leader religiosi e magistrati. Quasi 20.000 persone.
Sabato 9 maggio i
militari governativi Macedoni sono entrati a Kumanovo, una città al confine con
Serbia e Kosovo, con mezzi blindati e artiglieria, per catturare,
ufficialmente, un gruppo di “ribelli” che avrebbe attaccato un posto di
polizia. Negli scontri sono morte 25 persone, far cui 6 poliziotti. L’esecutivo
ha calcato la mano sulla forte componente etnica in questo scontro, i “ribelli”
erano albanesi. Agitare lo spettro della guerra civile è un tentativo disperato
di spaccare il fronte della protesta, ma nei fatti le manifestazioni in
corso a Skopje, nella capitale, vedono unite le due comunità, la maggioranza slavo-macedone la
popolazione di etnia albanese.
Un tentativo di
Divide ed impera? Un piano di strumentalizzazione di un atto violento non nuovo
nella sfera balcanica? Mentre opposizione e maggioranza si rimpallano le
responsabilità, sotto la superficie potrebbe nascondersi un’eventualità ancora
più preoccupante…
Nel territorio
macedone sta per partire la costruzione di un nuovo gasdotto, una continuazione
del condotto “South Stream” che dalla Russia porterebbe gas naturale a prezzo
più basso in Grecia, e quindi in Europa. E qui, non solo tabloid e complottisti
ma anche alcuni fra i più autorevoli quotidiani dell’Est Europa, ravvisano uno
di quei tentativi di alzare un polverone da gettare negli occhi del pubblico
tanto caro a una certo Stato del mondo. A un certo Stato che in tante crisi ha
messo uno zampino che si chiama Cia.
Potrebbero essere
solo supposizioni, ma un po’ di puzza di bruciato, anzi, di metano, si sente
eccome.
Nel frattempo due dei ministri del governo Guevski si
sono dimessi, assieme al capo dei servizi segreti, Miajalkov, accusato di avere
rapporti con la banda criminale albanese al centro del disastroso intervento a
Kumanovo, ma il rimpasto sa di lavoro di facciata, una mano di fondotinta su un
volto in putrefazione.
Il banco di prova della società civile del #protestiram
sarà il prossimo 17 maggio, con la manifestazione antigovernativa prevista
nella capitale, e con i suoi esiti.
Spero di
sbagliarmi, ma credo che ci sarà qualcosa di cui parlare. Spero di sbagliarmi,
ma credo che comunque difficilmente se ne parlerà.
#EyesOnMacedonia:
restiamo a concentrati, o potremmo trovarci a restare a guardare, ancora una
volta, lo scoppio di una crisi nei Balcani.
Per seguire gli sviluppi: La BisbEtika, e East Journal.