Fatica.
Fino a qualche anno fa la prima parola che mi veniva in mente quando guardavo uno spettacolo teatrale, una performance, un balletto, era bellezza. Ora quando guardo un attore su un palco, una ballerina sulle punte, un circense sul filo penso “Fatica”.
Dopo tante esperienze da spettatrice e qualche sporadica da
protagonista vedo quanta fatica, quanto amore, quanto sforzo, quanto impegno,
quanta dedizione si nascondono dietro quell’unico gesto perfetto, dietro il
tono giusto con cui lanciare quella frase nella platea, dietro il balzo
armonioso di una ballerina.
Non solo i muscoli che si contraggono, la concentrazione
fra le pieghe del volto, il sudore che cola sulle fronti, vedo lo sforzo che
sta dietro, dietro al sipario, dietro agli applausi, ai costumi di scena al
respiro profondo prima del balzo.
Gli anni per imparare un passo, i mesi per trovare il
risuonatore giusto con cui dire una battuta, i giorni passati a riprovare un
numero, una nota, le domeniche investite per trovare l’energia perfetta per
raccontare la storia.
Vedo la dedizione di chi compie lo sforzo ulteriore di
unire all’amore per l’arte quello per il messaggio, l’ardore negli animi di chi
mette in scena uno spettacolo di teatro civile, fra le note di un musicista che
racconta una storia. Riesco a scorgere quanto si possa essere nudi e soli
dietro a una maschera di fronte ad una platea gremita.
E’ in questa fatica che vedo la bellezza. La percepisco
ogni volta che una battuta colpisce uno spettatore aprendo per un secondo uno
spiraglio sull’immenso lavoro che c’è dietro, al momento in scena, alla mezz’ora
sul palco, sento la purezza del lavoro dell’artista quando una nota si fonde a
una parola e a un movimento per diventare qualcosa di molto più grande: una
scintilla di universo.
Da questa fatica, da questa bellissima fatica, mi lascio
travolgere quando sono spettatrice, quando di fronte a me c’è chi mette in
gioco se stesso non per gloria, non per fama: perché non potrebbe fare altrimenti.
E’ questa, questa la bellezza che salverà il mondo di cui
parlava Dostoevskij, la bellezza dello sforzo di dar vita a amori, orrori,
ideali, avventure, magie, microcosmi e universi, di fare della propria carne la
carne del mondo.
Lì c’è verità, lì c’è bellezza. Premiamo questa fatica,
ogni volta che possiamo.
Anche perché, c’è tutta un’altra fatica, ancora più invisibile:
quella di chi si impegna perché tutta questa bellezza arrivi a portata di mano,
e di cuore, per ognuno di noi.
Qui, vicino a casa mia, fra Mezzolombardo, San Michele e
Mezzocorona, sta per iniziare un festival, Solstizio d’Estate, che da 25 anni
porta musica, teatro e danza in paesi da poche migliaia di abitanti. E’ il
risultato di mesi di lavoro, di volontari, di giovani, che credono che valga la
pena perdere, serate, notti, settimane d’estate per potare in scena chi
racconta storie. Che credono che questa bellezza meriti tutte le loro energie,
anche se in platea dovesse esserci un solo spettatore ad applaudire per quella
splendida fatica.
Orti urbani, bombe atomiche, circhi, giardinieri nomadi,
reginette di bellezza, orrori, stupori, suicidi, germogli, coltivatori di
alberi secchi, pescatori di anime, cantastorie d’estate, amore, disamore,
violenza, coscienza, sentimenti, dialoghi, pentimenti, nani, ballerine,
fantasmi, fenomeni da baraccone, pianoforti, chitarre, voci, spartiti, copioni,
attori, musicisti, cantanti… storie.
Quanta fatica ci vuole per farli stare tutti su un
palcoscenico lungo più di un mese?
Tantissima, per fortuna, perché la fatica è bellissima da
vedere.
E se credete, come me, che la bellezza salverà il mondo,
venite a vedere cosa c’è dietro questo sipario, allora.
21.30.
Mezzocorona.
Non c'è gioia più grande di una meta condivisa.
RispondiEliminaRingrazio e condivido la dedica con tutto il gruppo di Solstizio d'estate.