La città che ha inventato la democrazia si prepara al voto
anticipato, mentre l’interesse generale scema e le proiezioni sono sempre più
sul filo del rasoio.
Ad Atene la sensazione è di calma, almeno apparente, i
vecchietti sbirciano dalle caffetterie i lavori per installare il parco per il
comizio di chiusura campagna elettorale di Alexis Tsipras in Piazza Syntagma,
questa sera, le donne continuano ad andare al mercato e i ragazzi continuano a fare
le ore piccole nei bar di Gazi.
Ma a guardarsi intorno nell’aria si percepisce il disagio di
una città e di una nazione intera: serrande abbassate in anticipo, netturbini e
spazzini in sciopero perché non ricevono uno stipendio, la città sempre più
abbandonata a se stessa, i prezzi impennati nei supermarket dopo l’aumento di
dieci punti dell’iva, la paura di tornare a fare le file ai bancomat, la
sfiducia nelle istituzioni europee dipinta nei murales, le organizzazioni che fanno incetta di fondi europei per progetti inesistenti, i poliziotti ventenni
con uno stipendio da 500 euro al mese che presidiano i luoghi sensibili con
giubbotti anti proiettile e pistole.
A gennaio i greci si sono stufati dell’attendismo dei
partiti tradizionali, concedendo a Syriza, il partito di sinistra di Tsipras,
una vittoria schiacciante, fiduciosi nelle potenzialità del primo ministro
quarantunenne e nel suo entourage, uno su tutti il ministro all’economia Yanis
Varufakis.
Otto mesi, un referendum e un altro affondo di austerity
dopo, la situazione è molto diversa: Syriza è spaccata, 159 deputati del
partito non hanno rifiutato di sostenere il piano di salvataggio imposto alla
Grecia nonostante il “NO” al referendum, spingendo la coraggiosa mossa di Tsipras
che ha abbandonato la poltrona per tastare il polso della popolazione con una
nuova tornata elettorale.
L’economia della Grecia è all’orlo del collasso: il PIL è
sceso del 25%dal 2010. La disoccupazione è al 26%, gli stipendi sono calati
quasi del 40% le pensioni del 45. Circa il 18 per cento della popolazione non
ha soldi sufficienti per mangiare e il 32 per cento vive sotto la soglia di
povertà. Senzatetto e tossicodipendenti occupano strade e case sfitte, mentre
il welfare non riesce s sostenere i sussidi di disoccupazione né ad occuparsi
di persone in palese stato di indigenza.
Fra i giovani, sotto i 40 anni, il sostegno a Syriza è
crollato: la base del partito di Tsipras si sente tradita dopo che il primo
ministro ha accettato il piano di aiuti rigettato con il referendum.
Come andranno
le elezioni di domenica, dipende da questi scontenti. Dai ragazzi che disertano
gli stand dei partiti per darsi alle birrette e alle discussioni politiche nei
bar, dai “duri e puri” che potrebbero convergere nella sinistra radicale, nel partito
comunista KKE, o nell’estrema destra di Alba Dorata, che spopola fra i
giovanissimi più di piercing e tatuaggi.
Lo scenario più probabile a
detta degli esperti ma soprattutto dei cittadini che andranno alle urne nel
week end, è un governo di coalizione. Syriza
potrebbe spuntarla come primo partito, ma nei sondaggi è ben lontana dal 40 %
dei seggi che servirebbe per governare il paese se entrassero al governo molti
dei partiti minoritari. Meno di due punti dietro nelle proiezioni c’è Nea Dimokratia,
partito di centrodestra, vicino al PPE: una coalizione fra le due parti opposte
potrebbe essere l’unica soluzione per un governo stabile, che a Tsipras però,
fa storcere il naso. Unità popolare, costola di Syriza
estremamente a sinistra, e il KKE hanno
comunque una buona base, così come, neanche a dirlo, Alba Dorata che come nelle migliori tradizioni di estrema destra
cerca capri espiatori negli immigrati e auspica l’uscita dall’euro.
Quello che è chiaro è che lo
spirito del “OXI” del no all’austerity europea, non è tramontato, anche se l’affluenza
alle urne rischia di contrarsi ulteriormente.
Quello che è incredibile
invece, guardando all’Italia delle poltrone a vita e a questa Grecia coraggiosa, è
un primo ministro eletto a maggioranza assoluta che lascia la carica, per
essere certo che davvero la sua politica sia quello che il popolo vuole. Allora
sei ancora qui, Democrazia, è bello conoscerti, finalmente.
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