Ci sono occasioni che nella vita hanno lo stesso effetto del
lancio di un sasso in uno specchio d’acqua. Da un punto centrale, a volte molto
piccolo, irradiano increspature che raggiungono la riva del lago.
Io ho avuto una di queste occasioni, poche settimane fa: il
mio sassolino lanciato è stata la partecipazione all’European Forum di Alpbach.
Gli spunti, gli incontri, con ragazze e ragazzi di 75 nazionalità diverse,
ambasciatori, economisti, artisti, filosofi, esperti in campo umanitario, i
racconti in prima persona di guerre, occupazioni e carestie, emersi da quelle
giornate, meritano di essere riportati, ma concedetemi di farlo più avanti.
Oggi, c’è qualcosa di più urgente di cui parlare.
Due delle ragazze che ho conosciuto al Forum, Ege e Berfin,
vivono nella bellissima Turchia. E’ a loro che mi sono rivolta cercando di
capire davvero cosa sta succedendo in questo Paese che è europeo quando fa
comodo e straniero quando è scomodo.
Perché in Turchia sta succedendo qualcosa, qualcosa di molto
grave, qualcosa di molto subdolo, qualcosa di potenzialmente deflagrante per il
futuro della nazione, e del panorama internazionale con essa.
Tutti, o almeno chi si informa e chi legge questo blog,
ricorderanno quello che è successo a Gezi Park, le proteste, i gas urticanti e
le granate assordanti sugli studenti che si opponevano alla politica
dittatoriale del premier Tayyip Erdogan, ma il silenzio colpevole dei media
internazionali sta ignorando totalmente le vicissitudini delle ultime settimane.
Il premier Erdogan ha scavato una fossa per la Turchia nel
corso del suo governo, rendendo il paese meno sicuro e meno stabile,
continuando ad accusare gli altri dei problemi del Paese nel tentativo di
accentrare su di se quanti più poteri possibili.
Lo scorso 24 luglio USA e Turchia hanno annunciato l’inizio
del dispiegamento militare per affrontare la minaccia dell’Isis. Quello che
Erdogan sta pianificando, in realtà, è un sistematico attacco alla minoranza
curda, rappresentata dal PKK, usando come scusa l’uccisone di due poliziotti da
parte di miliziani del PKK, che ha a sua volta accusato le forze di polizia
turche di aver permesso l’attacco dell’Isis al centro giovanile curdo che lo
scorso luglio è costato la vita a 32 ragazzi.
Ora, complici le manipolazioni del “presidente” la violenza
nell’est paese sta andando fuori controllo, e sta contagiando l’intera nazione.
Nelle ultime 48 ore il sistematico tentativo di Erdogan di screditare il partito
filocurdo HDP, che con il 13 per centro
che potrebbe ottenere alle elezioni del prossimo primo novembre potrebbe
infrangere l’obbiettivo presidenziale di
una maggioranza assoluta, sta portando la popolazione ad assimilare l’HDP
ai curdi e al conflitto separatista che è costato 40.000 morti negli ultimi
decenni alla Turchia e che sta mietendo vittime a decine nelle ultime settimane,
anche fra i civili, dopo il riaccendersi delle ostilità.
Ieri 10 sedi del
partito HDP sono state date alle fiamme da nazionalisti turchi, e tutto il
materiale elettorale è andato in cenere nella sede di Istanbul.
Di fatto, il paese è sull’orlo di uno stato di emergenza: c’è
un vero e proprio conflitto armato in atto nella parte est e sud del paese, fra
le forze armate del Pkk e quelle turche.
Il processo di pace con il Pkk è stato sempre sul filo del
rasoio, perché la maggior parte dei turchi è molto sensibile a tematiche quali l’unità
nazionale, e la rottura del processo di pace da parte del PKK e le vittime nei
conflitti che ne stanno seguendo stanno confondendo la popolazione che sta
indirizzando la propria tristezza e rabbia nella direzione sbagliata, verso l’HDP
e le minoranze curde.
E questo, è esattamente ciò che Erdogan voleva, e sta succedendo:
sta facendo leva sullo spirito nazionalista turco, che conosce molto bene, per
eliminare il proprio avversario politico alle prossime elezioni, che potrebbero
finire con l’essere rimandate con la scusa di uno stato di emergenza.
Tutta via, una buona parte dei cittadini, sia fra i curdi
che fra i turchi, sta continuando a chiedere una risoluzione pacifica della
situazione, che sta costando molto in termini di perdite civili ed economiche
all’intero Paese.
“La cosa che sarà veramente difficile da frenare- mi ha
raccontato Ege- è la forte identità nazionalista delle persone con una forte
tradizione unitaria. Tayyip (Erdogan) sa di aver scatenato la bestia: vuole
mettere le persone l’una contro l’altra per distruggere la pace e la sicurezza
del Paese. L’identità nazionale è una spinta più forte della religione in
Turchia, e Erdogan lo sa. Non ha giocato questa carta prima perché non ne ha
avuto bisogno, fino ad oggi l’HDP non aveva mia minacciato la sua sovranità
elettorale.”
Non è certo un nuovo escamotage, quello di usare il
grimaldello dell’identità nazionale per forzare una situazione sociale
sostanzialmente pacifica, inasprendo i conflitti etnici e sociali per rendere
la politica instabile e avere la scusa di accentare i poteri su un solo
individuo.
Lo abbiamo visto succedere in una paio di guerre mondiali e
nelle recenti guerre balcaniche.
Non possiamo permettere che la comunità internazionale, ancora
una volta, resti a guardare, mentre la Turchia precipita verso la guerra civile
e il totalitarismo, la stessa Turchia che è stata ad un passo dall’ingresso in
Europa, che sta tamponando l’emergenza migranti, che sta pagando il prezzo più
caro nella guerra con lo stato islamico. La stessa Turchia in cui i miei amici si
informano e informano, chattano su Facebook e si tingono i capelli di blu, come
i loro coetanei europei.
Non possiamo permettere che per non complicare i rapporti
economici e diplomatici UE e USA ignorino l’incombete rischio di una crisi
democratica, politica e sociale, di valori e di libertà.
English version
There are
occasions in life that have the same effect as throwing a stone into a pond.
From a central point, sometimes very small, they radiate ripples that reach the
shore of the lake.
I had one
such occasion, a few weeks ago: my stone launched was the participation at the
European Forum Alpbach. The ideas, meetings with girls and boys from 75
different nationalities, ambassadors, economists, artists, philosophers,
experts in the humanitarian field, the first-person tells of wars, occupations
and food crisis, emerged from those days, deserve to be reported, but allow me
to do it later.
Today,
there is something more urgent to talk about.
Two of the
girls I met at the Forum, Ege and Berfin live in the beautiful Turkey. I ask
them their point of view, to really understand what's going on in this Country,
considered so European when is convenient and foreign when it is inconvenient.
Because
something is happening in Turkey, something very serious, something very
sneaky, something potentially explosive for the future of the nation, and of the
international scene with it.
All, or at
least those who are informed and who use to read this blog, remember what
happened in Gezi Park, the protests, the stinging gas and stun grenades on
students who opposed the dictatorial policies of Prime Minister Tayyip Erdogan,
but the guilty silence of the international media is totally ignoring what’s
happening in the last weeks.
Prime
Minister Erdogan has dug a hole for Turkey during his government, making the
country less safe and less stable, keep blaming someone else for the country's
problems, trying to concentrate on himself as many powers as possible.
On July 24
the US and Turkey have announced the beginning of military deployment to fight
the Is. What Erdogan is planning, actually, is a systematic attack on the
Kurdish minority, represented by the PKK, citing the killing of 2 policemen by
the PKK. The PKK claims that the police officers were collaborating with ISIS,
allowing the bombing of a Youth Center in Suruc earlier in july that killed 32
people.
Now, thanks
to the manipulations of the "president", the violence in the east of
the Country is out of control, and it is affecting the entire nation. The Erdogan’s
systematic attempt to discredit the pro-Kurdish party HDP, which expects a 13% in
the elections of the next November 1st and could break the goal of a
presidential absolute majority, is leading the population to assimilate “HDP”
to the Kurds. It means to assimilate HDP to the conflict that costed 40,000
lives over the past decades in Turkey, and to its renewed hostilities.
Yesterday Turkish nationalists set ten HDP party headquarters on fire, and all the
election’s material went to ashes in the central office of Istanbul’s fire.
In fact,
the country is on the brink of a state of emergency: there is a real armed
conflict in the east and south of the country, between the armed forces of the
PKK and the Turkish one.
The peace
process between PKK and Turkish was always on thin rope, because the majority
of Turks are very sensitive to issues such as national unity. The break of the
peace process by the PKK and the fallowing victims in the conflicts are
confusing the people, who are addressing their sadness and anger in the wrong
direction, toward the HDP and Kurdish minorities.
This is
exactly what Erdogan wanted, and it is happening: is relying on the Turkish
nationalist spirit, that he knows very well, to delete his political opponents
in the upcoming elections, which could end up being postponed with the excuse
of a state of emergency.
However, a
huge part of the citizens, Kurds and Turks, is continuing to seek a peaceful
resolution of the situation, which is costing a lot in terms of civil victims and
economic costs.
"The
thing that it’s very hard to stop- told me Ege- are people with strong national
feelings and beliefs in Turkey once they’re unleashed, and Tayyip (Erdogan) knows that and has leashed
the beast and wants people to destroy each other’s sanity and peace. National
identity is even stronger than religion in Turkey, and Erdogan used the latter
with his party but didn’t need to use the first because HDP wasn’t around until
a couple of years, now he is using the first because HDP is a threat to his tyranny”
It is
certainly not a new trick, using the national identity as a crowbar to force a
situation essentially peaceful, exacerbating ethnic and social conflicts to
make the political situation unstable and have an excuse to accent the powers
on one person.
We saw this
happen in a couple of world wars and in the recent Balkan wars.
We cannot
allow the international community just stand and watch, once again, while
Turkey rushes toward civil war and totalitarianism, the same Turkey that was just
one step far from the entrance in Europe, who is dabbing the migrants emergency,
which is paying one of the highest price in the war with the Islamic State. That
Turkey where my friends try to being informed and inform, chat on Facebook and
dye their hair blue, like all the other European young people.
We cannot let
EU and US put diplomatic and economic interests first, ignoring the risk of a
crisis of democracy, political and social values and freedom.